L’invisibilità dei giovani obesi

L’obesità è un fenomeno diffuso nel contesto socioculturale italiano e europeo.
L’esordio del problema sembra essere sempre più precoce, coinvolgendo un ampio numero di bambini, adolescenti e giovani adulti.
L’attenzione mediatica sovente trasmette i rischi connessi alla salute fisica e diffonde a gran voce l’importanza di una sana alimentazione e di un corretto movimento corporeo per la prevenzione di numerose patologie e per la cura del benessere.
Tra le cause principalmente connesse all’insorgenza del disturbo nella maggior parte dei casi compare uno squilibrio fra energia introdotta e energia consumata connesso a cattive abitudini alimentari, scarsa attività fisica e bassa qualità del sonno.
I fattori di rischio associati allo sviluppo dell’obesità riguardano fattori genetici, fisiologici, psicologici, comportamentali ed ambientali ed è fondamentale riconoscere il rilievo dell’interdipendenza tra i diversi aspetti, nonché la necessità di prendersene cura per accogliere il malessere e la persona acquisendo una prospettiva olistica. Se per i disturbi alimentari come anoressia e bulimia sembra infatti automatico considerare la dimensione psicologica inevitabilmente interessata in ogni manifestazione del comportamento umano, per quanto concerne l’obesità si verifica il rischio di inglobare gli aspetti psichici ed emotivi in una cornice puramente fisica e medica.


Fattori psicologici ed emotivi: una lettura relazionale del fenomeno
Il modello clinico psicoterapeutico sistemico relazionale considera il sintomo individuale una metafora relazionale, valorizzando il ruolo della famiglia nella comprensione e risoluzione del problema.
Salvador Minuchin (1921-2017), psichiatra e psicoterapeuta familiare argentino individuò la classificazione delle “famiglie anoressiche” rilevando la necessità di osservare le relazioni familiari in un’ottica trigenerazionale nella lettura del problema alimentare manifestato dal singolo.
Relativamente alla storia di sviluppo delle persone obese spesso si individua un contesto familiare d’appartenenza in cui figura la presenza di uno stile materno iperprotettivo, di una posizione paterna periferica e la mancanza di calore e supporto affettivo.
I “figli obesi” tendenzialmente sono inseriti in una famiglia con un funzionamento invischiato.
L’invischiamento corrisponde alla presenza di confini diffusi tra un membro e l’altro, in cui gli spazi personali vengono percepiti come una minaccia alla coesione familiare e i processi di separazione rischiano di essere ostacolati dalla forte dipendenza che veicola all’ interno del nucleo familiare.
L’elevato livello di fusionalità non permette la sana espressione della conflittualità (talvolta repressa o incontrollata ed esplosiva) e il fondamentale processo di individuazione, quindi la possibilità di definirsi come individui in relazione con l’altro ma separati da esso, dotati di
una propria soggettività.
L’esterno viene percepito come una minaccia e i passaggi di autonomia e di svincolo dalla famiglia vengono vissuti con evidente fatica.
All’ interno di questa dinamica è centrale la massa familiare e sovente l’individuo non viene riconosciuto e visto nei propri bisogni, che egli stesso fatica a contattare ed esprimere.
Attraverso l’obesità si trasmette quindi inconsciamente una richiesta di maggiore visibilità, occupando a livello corporeo molto spazio.
Allo stesso tempo si comunica inconsapevolmente una distanza con l’altro, compromettendo ad esempio la sfera sessuale e gli incontri di coppia, celando il timore dell’intimità, non sperimentata nel proprio vissuto e percepita come tradimento verso il nucleo familiare.
Il sovrappeso corporeo è la manifestazione di un sovraccarico emotivo che la persona ha somatizzato attraverso il corpo, spesso assorbendo fragilità emotive appartenenti ai propri familiari che trovano origine nella storia trigenerazionale della famiglia.


Lo sguardo della società
Ogni individuo si esprime anche attraverso il corpo e la percezione della propria immagine influenza ed è inevitabilmente influenzata dalle relazioni sociali, dallo sguardo degli altri.
In adolescenza la funzione del gruppo dei pari, degli amici, è fondamentale e rappresenta il bisogno di appartenenza, di investire affettivamente al di fuori della famiglia, simboleggiando passaggi di crescita sana e di graduale autonomia.
Gli adolescenti che vivono un problema di obesità spesso sono oggetto di derisione e prevaricazione, confermando una teoria precocemente interiorizzata e inconscia sull’inaffidabilità del mondo extra-familiare, amplificando la percezione pre-esistente di essere persone poco meritevoli di amore e approvazione.
Ciò che spesso si verifica è quindi una chiusura relazionale che rinforza la dipendenza dalla famiglia o un atteggiamento aggressivo che veicola la rabbia per tempo inespressa o una posizione passiva che esprime il bisogno d’accettazione.
Inoltre, in una società in cui predomina l’attenzione esasperata alla fisicità, all’estetica e all’apparenza il rischio è quello di non considerare adeguatamente il vissuto di sofferenza quotidiano che una persona obesa può esperire.
Spesso la società si trasforma in un giudice severo che colpevolizza gli individui obesi, attribuendo intenzionalità alla loro relazione con il cibo, ignorando la fragilità celata e colludendo con il senso di fallimento già sperimentato nel non riuscire a modificare la propria condizione.


Conclusioni
La dieta non basta! L’obiettivo del presente articolo è quello di sensibilizzare sull’importanza di accogliere il fenomeno dell’obesità nella sua complessità. Per i professionisti di aiuto è fondamentale considerare la matrice bio-psico-sociale insita nel concetto di salute riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, proponendo percorsi di cura multidisciplinari.
Analogamente è importante risvegliare nello sguardo del cittadino la possibilità di sostituire il concetto di colpa con quello di difficoltà, orientato all’accettazione e non alla discriminazione, alla centralità della persona oltre la sua immagine.
Il percorso psicoterapeutico risulta quindi fondamentale per accompagnare l’individuo, e talvolta la sua famiglia, nel tradurre i kg di troppo nei pesi emotivi inespressi, che messi in parola contrastano il bisogno di manifestarsi attraverso il corpo e trovano ridistribuzione all’interno del sistema familiare, favorendo il recupero di un senso di sé stessi e di un
buon livello di accettazione, sentendo la possibilità di amarsi e il diritto ad essere amati.
L’intervento medico, nutrizionale e psicologico in giovane età previene la cronicizzazione del problema, della sofferenza psicologica e i rischi di patologie fisiche rilevanti.

A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini

Psicologa – Psicoterapeuta