Suocera e nuora: “eterno” rapporto conflittuale? Qual’è il ruolo del figlio?

La complessa relazione tra suocera e nuora rappresenta una trama centrale in molte storie familiari, che per essere compresa richiede di essere conosciuta ampliando la prospettiva d’osservazione.
Comuni sono infatti le esperienze narrate in stanza di psicoterapia che lamentano una suocera percepita come invadente e/o una nuora avvertita come distante e manipolativa. Uno scenario apparentemente al femminile che se da una parte sottende “naturali” aspetti connessi a passaggi evolutivi, dall’altra può segnalare l’esigenza di una ridesignazione dei confini familiari e di una maggiore definizione ed espressione del maschile.
La formazione della coppia e le famiglie d’origine
Sorprende osservare come ricorrentemente il figlio venga descritto in una posizione passiva, “tra due fuochi”, in un triangolo che poche volte lascia spazio al padre.
Ciò è spesso connesso ad una relazione di coppia che vede un femminile dominante ed un maschile che fatica ad esprimersi, una dinamica che talvolta ricorda la relazione madre – figlio più che quella moglie – marito. Un figlio cresciuto con questo modello può inconsapevolmente scegliere una partner con aspetti simili alla propria madre, identificandosi nella posizione del padre connotata da scarse possibilità di definizione personale. Una dinamica di coppia sbilanciata sulle posizioni descritte si struttura su aspetti comuni di dipendenza. Una “lei” che ha bisogno di sentire l’altro dipendente da sé è infatti dipendente e insicura quanto un “lui” che necessita di essere guidato e costantemente sollecitato.
Il rischio è nell’eventuale rigidità dei ruoli e cronicità della dinamica, compromettendo un incontro autentico con sé e con l’altro, ostacolando l’intimità.
Con molta probabilità una dinamica di coppia molto dipendente si connette ad un funzionamento familiare invischiato (S. Minuchin), dove i confini tra un membro e l’altro sono diffusi, poco chiari e le esperienze di separazione vengono percepite come una minaccia alla coesione familiare.
È chiaro come in un sistema con queste caratteristiche sia difficile supportare la crescita dei figli, che inevitabilmente comporta una maggiore autonomia, di cui la relazione di coppia ne è una rappresentazione. Al contempo per una “famiglia invischiata” è difficile accogliere un membro esterno (partner del figlio), percepito come causa di allontanamento e turbamento. Per fronteggiare l’ansia connessa a questi passaggi evolutivi la famiglia può, più o meno consapevolmente, tentare di “inglobare” la futura nuora per poter percepire un maggiore controllo o sabotare la relazione.
Parallelamente una donna che sente il bisogno di relazionarsi al proprio compagno da una “posizione sbilanciata”, configurandosi come una seconda madre e entrando in competizione con la sua famiglia d’origine può essere a sua volta mossa da un bisogno di riconoscimento e esclusività non soddisfatto nella propria famiglia d’appartenenza che trova eco nella non accoglienza percepita nel nucleo familiare di lui, o proveniente anch’essa da una dinamica familiare invischiata può inconsapevolmente tentare di inglobare a sua volta il proprio partner.
Che ruolo ha il figlio?
Il vissuto del figlio è spesso connotato da forti sensi di colpa e confusione interiore.
La sensazione percepita infatti è quella di dover scegliere tra la propria famiglia e la partner, sentendo in entrambi i casi di “tradire”.
Inconsciamente il vantaggio secondario è quello di percepire visibilità e attenzione, seppur in una posizione di “figlio cronico” (Andolfi), non riuscendo né con la propria madre né con la propria partner a confrontarsi da una posizione adulta e paritaria.
I timori soggettivi connessi ai propri movimenti di autonomia e la rabbia per la passività esperita possono inconsciamente provocare agiti, azioni involontarie volte ad attaccare la relazione, di coppia e/o familiare.
Sovente per paura di definirsi personalmente con la propria famiglia, il figlio tende a nascondersi dietro la compagna, alimentando la dinamica conflittuale.
È infatti compito del figlio costituirsi come ponte tra la partner e la propria famiglia e per fare ciò è necessario un buon livello di differenziazione e definizione personale, proponendo un’espressione chiara di sé e dei propri bisogni.
Come intervenire?
Il macro obiettivo riguarda la ridefinizione di confini e ruoli chiari, familiari, di coppia e individuali, aumentando la possibilità di confronti autentici e incontri intimi. Ciò permette alla coppia di percepire le famiglie d’origine come sufficientemente vicine e separate, contrastando l’eccessiva invadenza o distanza (ugualmente problematiche).
Sul piano individuale per ogni membro si configura quindi un’opportunità di crescita, di un maggiore livello di differenziazione, tangibile nella percezione più chiara del proprio confine tra sé e l’altro (familiare, partner, famiglia del partner ecc.).
Intervenire precocemente su queste dinamiche permette anche di prevenire importanti rischi per i futuri figli della neo-coppia, altrimenti facilmente triangolati in dinamiche irrisolte.

A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini

Psicologa – Psicoterapeuta