Lo spazio incerto: maternità e lavoro

La scelta di avere un figlio ha assunto caratteristiche diverse rispetto al passato. La realizzazione personale è centrale nel nuovo modo di fare famiglia e nei modelli sociali che veicolano i mass media.

Diventare genitori è spesso una decisione ragionata da integrare alle tappe scandite dai ritmi incessanti e frenetici della vita. Raggiungere un’autonomia lavorativa sembra quindi spesso rappresentare una condizione necessaria per l’affermazione di se e per la possibilità di avere un figlio. Trasversale ai mutamenti psicosociali è quindi la nuova posizione della donna, che da un modello in cui era predisposta alla cura dei figli e della casa ha conquistato la possibilità di una propria indipendenza, orientata alla parità dei sessi.

Il rischio è che da un modello in cui vi erano ruoli chiari e definiti si è giunti ad una realtà ancora confusa e sotterraneamente poco tutelante per le donne madri.

La condizione sociale e lavorativa è scoraggiante, dominata da ideali focalizzati sul successo, sull’indipendenza e sulla competizione. Fermarsi per prendersi cura di se e dei propri progetti personali assume implicitamente un senso di profonda minaccia: timore di perdere lo spazio che si è faticosamente conquistato, di restare fuori dalla “macchina di produzione”.

La situazione è complessa e racchiude al suo interno diversi livelli che meritano attenzione.

Che spazio trovano i bisogni affettivi?

Il desiderio di mettere al mondo un figlio, di prendersi cura di lui, di generare una propria famiglia dopo un periodo di “forzato congelamento” rischia quindi di essere travolto da un’eccessiva idealizzazione. Il figlio come coronamento della propria realizzazione può divenire inconsapevolmente depositario di aspettative troppo alte, il bambino ideale fonte di soddisfazione dei desideri genitoriali. Analogamente la madre può sentirsi costantemente frustrata rispetto ad un ideale di genitorialità che non può permettersi mancanze da conciliare con la carriera da dover preservare o da enfatizzare per la mancata realizzazione lavorativa.

Se infatti la donna ha conquistato la possibilità di una propria realizzazione professionale, non ha perso l’immagine interna e sociale di colei che deve prendersi cura dell’ambiente domestico e dei figli.
Il ruolo del padre si sta fortunatamente rivalorizzando nella sua fondamentale funzione ma il mandato implicito trasmesso a livello transgenerazionale nei confronti delle donne è ancora radicato nel nostro paese.

Lavoro e cura dei figli: come integrare l’essere donna e l’essere madre?

Dal punto di vista personale e emotivo spesso la donna si sottopone, complice la realtà esterna, alla rinuncia. La rinuncia non è mai la soluzione! Rinunciare allontana dalla possibilità di scegliere. Nella scelta infatti c’è un senso di se stesse, di ciò che si sente, che si pensa e che si desidera.
Il primo passo necessario è quindi da compiere dentro di voi, sentendo di non dover rispondere a ideali disumani e contemplando la possibilità di sentire l’essere donna, il mantenere il proprio spazio personale una risorse necessaria per essere delle buone madri e non una sottrazione ai propri figli. Questo permette di imparare a chiedere aiuto e di percepire il lavoro come parte integrante della propria dimensione, non solo in termini di reddito.

Gli aspetti che abbiamo citato riguardano trasversalmente il ciclo di vita, dalla scelta di avere un figlio al tempo del suo divenire.
La complessità esterna del nostro paese in cui trovare un lavoro stabile è spesso utopico si complica per il “mobbing” a cui spesso si assiste relativamente alla maternità, dove la donna viene considerata come numero operativo che non può rallentare o compromettere i ritmi di produzione.

Bisogna partire da se stesse, non assoggettandosi inconsapevolmente alla logica poco umana e dominante per sentire il diritto a compiere con passo deciso i movimenti per i propri diritti. Fondamentale è la possibilità di creare uno spazio interno e condiviso di riflessione e ascolto in cui si tuteli e preservi il diritto all’essere persona, il desiderio di maternità e i propri bisogni in una prospettiva in cui personale e professionale non debbano essere considerati antagonisti ma complementari.

A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini

Psicologa – Psicoterapeuta