Genitori amici? Quali sono i rischi per i figli?

È un problema attuale e diffuso la difficoltà pratica ed emotiva a raggiungere l’età adulta, che sembra essere posticipata, nonostante i dati anagrafici, rivoluzionando le fasi del ciclo vitale individuale e familiare.
Alla luce di un contesto lavorativo connotato da una diffusa precarietà, quali sono le ragioni emotive fondamentali che possono ostacolare la crescita?
Sottolineando la necessità di non generalizzare, valorizzando la specificità di ogni situazione e l’unicità di ogni individuo, l’obiettivo del presente articolo è quello di sensibilizzare il lettore su aspetti che trasversalmente riguardano l’esperienza relazionale familiare diffusa nell’odierno contesto socio-culturale.
La mia esperienza personale e professionale clinica da psicoterapeuta familiare mi permette di osservare il rischio sempre più frequente di una diffusione di ruoli, confusione di confini e di una sempre meno nitida differenza generazionale, sovente genitori e figli sembrano fratelli.
Due aspetti fondamentali che possono aver contribuito a questa realtà familiare sono da rintracciare nel passaggio da un’educazione autoritaria basata su ruoli distinti e chiari (l’uomo lavorava e la donna era dedita alla cura della casa e l’accudimento dei figli) ad un’educazione che fatica ad essere autorevole, e quindi nella trasformazione del modello di coppia da “complementare”, fondato su funzioni diverse a “simmetrico”, esposto al rischio dell’interscambiabilità dei ruoli e della competizione.
Unitamente a ciò le nuove forme di famiglia esprimono una complessità
apparentemente lontana dalla “famiglia tradizionale”.
Emerge quindi da una parte la difficoltà dei “nuovi padri” a riconoscersi in una propria e chiara identità, senza sentirsi impotenti e svalutati rispetto ad un modello paterno precedente di “padre autoritario” dall’altra la tendenza delle “nuove madri” a sentirsi in colpa per il tempo impiegato a lavoro, sentendolo come una sottrazione ai propri figli, provenienti da un modello femminile strutturato sulla maternità.
Il senso di colpa genitoriale spesso contrasta la possibilità di garantire un aspetto educativo normativo, fondato su limiti chiari, di cui i figli necessitano fortemente.
Inoltre il timore di riproporre un ruolo genitoriale, vissuto da figli, percepito come distante e anaffettivo può indurre madre e padre a proporre una confidenza in cui rischia di evaporare il ruolo e il confine.

Quali possono essere le conseguenze sui figli?
Una famiglia, al di là della sua composizione, necessita di ruoli e confini chiari, che garantiscono ai figli riferimenti protettivi.
Essere amici dei figli è quindi estremamente rischioso e ostacolante il percorso di crescita.
Un genitore amico non può essere riconosciuto in una posizione adulta e
presumibilmente sperimenta fatica nel proporre regole e limiti.
Le conseguenze psicologiche più diffuse per un figlio che non riconosce nessuno”sopra di sé” sono:

  • Senso di profonda solitudine;
  • Assenza di sicurezza e protezione;
  • Mancata esperienza della fondamentale frustrazione;
  • Percezione di “invisibilità” ;
  • Mancata esperienza e interiorizzazione dei limiti;
  • Fragilità sulla possibilità di affidarsi;
  • Difficoltà nella responsabilizzazione o al contrario eccessiva adultizzazione
    per sopperire al “vuoto” percepito sul piano genitoriale;
  • Difficoltà scolastiche;
  • Difficoltà relazionali.
    I figli, infatti, soprattutto in età adolescenziale ricercano i limiti pur contestandoli.
    I ruoli e i confini non costituiscono quindi una minaccia all’intimità ma al contrario
    sono tutelanti per il percorso di sviluppo e i passaggi di autonomia.

È opportuno quindi intervenire sul piano genitoriale, esplorando il proprio vissuto da figli con l’obiettivo di individuare i nodi irrisolti e sostituire il concetto di “senso di colpa” con quello di “responsabilità” auspicando ad un modello educativo autorevole che integri la dimensione normativa e quella affettiva.

A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini

Psicologa – Psicoterapeuta